Uomo d’azione, spavaldo, temerario, affascinante, conquistatore di glorie e non solo, Ettore Muti ha impersonificato compiutamente i canoni estetici del “fascista ideale” divenendo un’esempio da imitare per tanti giovani in camicia nera.
Nato a Ravenna nel 1902, dal carattere ribelle a 13 anni venne espulso da tutte le scuole, l’anno successivo cercò di partire volontario per la grande guerra, venne rispedito a casa per la giovane età ma vi riuscì l’anno successivo falsificando i propri dati anagrafici.
Riuscì ad entrare negli arditi, fu uno dei pochi sopravvissuti dei Caimani del Piave, gloriosi protagonisti nella vittoriosa battaglia del solstizio, proposto per una medaglia venne scoperta la sua falsa identità e rispedito nuovamente a casa.
Partecipò all’impresa di Fiume, poi entrò a far parte dei fasci di combattimento, divenne protagonista dello squadrismo ravennate. Dopo l’esperienza di comando della legione di milizia portuaria di Trieste si arruolò nella regia aeronautica partecipando con valore sia alla guerra d’Etiopia che a quella di Spagna, nel 1939 al comando di truppe motorizzate, partecipò all’invasione dell’Albania venendo anche in questa occasione decorato.
Al suo ritorno Mussolini lo volle come segretario del PNF al posto di Storace, Muti rappresentava per la sua fama, per il valore e l’intransigenza la persona giusta per l’immagine rinnovata che il duce intendeva dare del regime, ma Muti non era a suo agio in quella veste, alla politica preferiva l’azione e l’entrata in guerra dell’Italia fu l’occasione per tornare al combattimento e lasciare quindi la carica.
Dopo il 25 luglio rimase fedele a Mussolini. Badoglio incaricò i carabinieri di arrestarlo, era diventato scomodo e rappresentava per lui una minaccia. Due colpi alla testa sparati da distanza ravvicinata misero fine alla vita di una delle figure più limpide ed amate del fascismo, era il 24 agosto 1943.